È la prima considerazione che mi viene da fare dopo avere rivisto alcune altre volte il magnifico (per me) film dei fratelli Coen.
Qual è il soggetto del film? Secondo me esso si sarebbe potuto chiamare “America oggi”, ma esiste già quello di Robert Altman (USA, 1993) e poi l’interesse di Ethan e Joel Coen, a mio avviso, non è particolare sul proprio Paese: lo è in quanto lo conoscono bene, vivendoci, ma, probabilmente, quanto ci presentano potrebbe riguardare anche l’Italia, la Francia, la Germania…
Chiediamoci, intanto, il perché della location? Il Texas e zone limitrofe, credo, voglia significare dove realmente è nata l’America, nel senso che noi occidentali diamo alla cosa. È dove i pionieri si insediarono e, con un durissimo lavoro, iniziarono dal nulla e realizzarono lavoro e ricchezza, soprattutto attraverso lavori onestissimi del tipo agricoltura, allevamento di bestiame e cose affini.
L’America delle metropoli, invece, credo sia meno rappresentativa, per i due fratelli cineasti, in quanto il fenomeno mafia, malavita, commerci illeciti imperò malamente dall’inizio e credo nessuno voglia o possa dire che è quella l’America.
Poi abbiamo il denaro: esso domina sovrano su tutto e su tutti. La valigetta che il protagonista trova in mezzo al deserto, valigetta contenente due milioni di dollari risultanti da uno scambio di droga finito male (con molti morti sul terreno), è l’altro soggetto fondamentale della pellicola di cui sto scrivendo. All’inizio esso sembra immacolato, lindo, addirittura appena uscito dalla tipografia di stato. In seguito viene maneggiato e trasferito da persona a persona sempre attraverso mani insanguinate ed esso stesso ci appare sporco di sangue, di fango o di peggio (per esempio pezzi d’intestino umano).
Poi ci sono i tre protagonisti del film che potremmo definire il Bene (il vecchio sceriffo interpretato da un grande Tommy Lee Jones), il Male (il serial killer incaricato di ritrovare la valigetta: Javier Bardem, premio Oscar come migliore attore non protagonista) e il Semi-Bene o il Semi-Male (che è l’uomo onesto che poi si fa tentare dalla valigetta e delinque anch’egli: Josh Brolin).
Nella parabola coeniana vi è, come in quasi tutti i film statunitensi che si rispettino, un viaggio. Il film, infatti, è on the road e si sviluppa lungo la distanza geografica (dal deserto verso la città) e temporale (dal primo passo falso che commette il protagonista fino al suo delinquere, uccidere ed essere ucciso) del viaggio.
Il viaggio, credo, sia, nell’intenzione dei fratelli pluripremiati a Hollywood con la più ambita statuetta cinematografica, il viaggio dell’America dalle origini a oggi.
C’è poi tanta pulp, tanta pulp che Tarantino potrebbe imparare addirittura, in tal senso, vedendo e rivedendo questo movie.
Ma procediamo per ordine.
Il Bene. Lo sceriffo è figlio e nipote di sceriffi. Ha sempre fatto il suo dovere. Va ancora a cavallo nel deserto e si sorprende come un bambino quando legge le notizie sul giornale: “Una giovane coppia attirava i vecchietti nella loro casa e poi li uccideva per impossessarsi delle loro pensioni, ma non prima di averli torturati. Questo non si capisce: forse non avevano la TV. Seppellivano da anni vecchietti nel giardino e nessuno ci faceva caso. Solo quando si è visto un vecchietto nudo correre per la strada con un collare al collo, allora è stato dato l’allarme”. Questa figura potrebbe depistare uno spettatore disattento (come me la prima volta che ho visto il film) in quanto reitera il suo discorso sulla delinquenza, sul fatto che neppure nella lotta tra l’uomo e il bestiame si può indovinare chi vincerà, sul degrado inarrestabile della civiltà. Rimpiange i tempi quando gli sceriffi potevano ancora andare in giro senza pistola e sembra reazionario e depresso, ma a lui tocca svelarci, penso, il vero significato del film attraverso i due sogni raccontati nella scena finale.
Il Male, meritatissimo Premio Oscar come migliore attore non protagonista. Se prestate attenzione, vi accorgerete che la sua maschera facciale (probabilmente aiutata da un abilissimo trucco) è di una fissità che lascia sgomenti. Credo di essere riuscito a contare solo tre o quattro chiusure delle sue palpebre nel corso dell’intero film. Egli uccide con una calma e una ripetitività che hanno dello psicotico. Il Male uccide, uccide sempre, anche quando non ve n’è bisogno (il corvo che sta fermo al lato della strada). Cosa ci hanno voluto dire, attraverso questo personaggio, Ethan e Joel Coen? A me sembra che il riferimento cinematografico più vicino sia ai replicanti di Ridley Scott in Blade Runner: macchine artificiali costruite dall’uomo per i lavori sporchi e pericolosi. Una sorta di mutazione genetica che, pian piano, negli Stati Uniti, ma anche altrove, sta trasformando i cattivi in esseri impersonali (di qui il riferimento al robot). Insomma, la robotizzazione del Male giunta alla massima potenza. Interessante anche notare l’incapacità di comunicazione tra i “terrestri normali” e il Male: quest’ultimo è costretto a ripetere continuamente le domande perché gl’interlocutori gli chiedono, a loro volta: “Come? Che ha detto? Scusi? Cosa vuol dire?”.
Il Semi-Bene potrebbe essere la parabola che ci fa comprendere quale potrebbe essere stato il path, il percorso, che ha portato gli americani virtuosi e onesti a diventare quello che sono oggi: in massima parte uccelli rapaci che inseguono soltanto il dio denaro. Non a caso il nostro uomo fa il cacciatore di gazzelle e simili bestie nelle zone di confine tra praterie e deserto texano, come facevano i primi pionieri da cui si è formata quella nazione. Il nostro non è uno stupido ed è anche forte e sa sparare benissimo. Si attrezza con la migliore (si fa per dire) oggettistica da massacro e va in direzione della città, a massacrare chiunque si metta tra lui e il “suo” denaro. Il viaggio, appunto, degli americani, dai deserti texani alla città, qui presa come icona della massima deviazione verso il Male.
Tuttavia, e non credo lo abbiano fatto solo a scopo di riempimento, hanno voluto inserire un altro personaggio (ricordiamo che la sceneggiatura non è originale, ma ha il deciso imprinting della famosa e premiata ditta cinematografica): Il Male quasi all’altezza del primo, ma che non essendo altrettanto spietato e cattivo, verrà ucciso da costui (nel film è l’attore Woody Harrelson). Va da sé che in ogni scena, quasi, nonostante la pulp a go-go, viaggia, in parallelo alla stessa, la fantastica ironia dei Coen: questo personaggio, protagonista di Natural Born Killers, ha un cervello superiore e ricorda tutto e osserva e ragiona come nessun altro. Tuttavia, quando va a prendersi l’ingaggio per scovare il Male e la valigetta, chiosa: “Ho contato da giù i piani di questo grattacielo”. E il suo datore di lavoro: “E allora?”. “Ne manca uno”. “Indagheremo”.
La pulp. Qualcuno ha scritto che è esagerata, rivoltante. Alcuni miei amici volevano uscirsene dal cinema. Credo sia proprio ciò che desideravano ottenere Joel ed Ethan Coen: per portare avanti un discorso sul degrado abissale della società contemporanea occorreva rappresentare la pulp in una misura che lasciasse Tarantino di molte lunghezze dietro e forse ci sono riusciti, superando perfino Hostel (produzione Quentin Tarantino, 2005) che al confronto sembra un fumetto.
La scena per me più enigmatica è quasi al termine della pellicola, quando il Bene (lo sceriffo) e il Male si trovano nella stessa stanza, a pochi centimetri di distanza, consapevoli l’uno della presenza dell’altro e viceversa: incredibilmente non accade nulla, non vi è sparatoria né spargimento di sangue e lo sceriffo va via. Cosa ci hanno voluto suggerire i due autori di origine israelita? Probabilmente che il Bene e il Male sono incapaci di affrontarsi direttamente quando sono così polari e avrebbero bisogno di una mediazione per poter entrare in contatto, anche un contatto di armi da fuoco.
Alla fine vince il Male e lo sceriffo si pensiona. Sembra essere la stoccata finale di un film moralista pensato e costruito da uomini moralisti. Ma non è così e la chiave di lettura di tutta l’opera, a mio parere, è nei due sogni che Tommy Lee Jones racconta alla compagna nella scena finale della pellicola.
Nel primo sogno lo sceriffo vede il padre che gli consegna dei soldi che egli perderà: le vecchie generazioni ci hanno lasciato dei valori che noi abbiamo perso.
Nell’altro sogno c’è sempre il padre, a cavallo insieme a lui. Si trovano ad attraversare un passo di montagna stretto e buio. Il padre lo supera e si fa luce con una torcia naturale, poi si accampa, accende un bel fuoco che illumina e riscalda, e attende suo figlio. È la speranza che questo Paese, come il nostro e come tanti altri, riesca a ritrovare la strada giusta perché lì ci attende un fuoco caldo e molta più luce.
Un benvenuto speciale alla professoressa Tiziana Bindo, eccellente matematica, e amica di lunghissima data di cui ho avuto il piacere di seguire la crescita personale e professionale, da molti punti di vista. Cara Tiziana, relativamente al problema che ti riguarda e che denunci nel tuo post, penso che le cose siano molto cambiate. Direi che nella storia delle RSM, dell’Astrologia Attiva e, più in generale, dell’Astrologia Previsionale, dobbiamo riferirci a due epoche: prima della nascita di Aladino e dopo della nascita di Aladino. Durante il “prima” le cose stavano come tu dici e come scrivevo anche io. Dopo sono cambiate radicalmente. Infatti Aladino ci ha schiuso una enorme parte di mondo che prima non potevamo neanche vedere: quella parte di mondo, soprattutto in Russia, Canada, Alaska e Scandinavia dove prima non potevamo neanche osservare un cielo di RSM in quanto qualunque software ci sbatteva in faccia un “run time error”. Dopo di Aladino io e altri abbiamo mandato e mandiamo (andandoci anche noi stessi) centinaia di persone perfino oltre i 70° Nord e succede, dunque, che perdone con il Sole al Medio Cielo di nascita riescano a ottenere una RSM con lo stesso Sole vicinissimo al Medio Cielo e senza che l’AS debba cadere in prima o in dodicesima Casa. È, un poco, come succedeva prima e dopo dell’arrivo della penicillina. Ora non si muore quasi mai di polmonite, almeno in Occidente.
Invece, purtroppo, caro Alberto B. si muore malvagiamente per tante altre cose, soprattutto per cancro, ma non dobbiamo commettere l’errore di generalizzare dicendo che tutti i medici sarebbero da condannare. Per esempio il dr. Lorentz della Lukas Klinik di Basilea, ottiene, da molti anni, risultati eccezionali utilizzando il farmaco omeopatico Vischio Iscador, ottenuto dalla corteccia dell’albero, e io stesso sono testimone diretto di casi di guarigione perfino nei tumori del pancreas.
Al Rami mi sembra, in tutta evidenza, che tu non abbia compreso la questione dell’AS in decima perché certamente non hai studiato il mio “Transiti e Rivoluzioni Solari”. Se tu lo avessi fatto, alle regole 11 e 12 di pagina 14, credo che non dovresti avere più dubbi sull’applicazione di tale regola. Inoltre non è esatto che tu abbia visto, pubblicati sui miei libri, soltanto casi di AS in decima: sono molti di più i casi pubblicati di Giove, Venere e Sole in decima o al Medio Cielo e tantissimi casi di stellium in decima formati anche da quattro o cinque astri in cui ci siano, in mezzo, Sole, Giove e Venere.
Mi associo a Giulia per il cordoglio relativo alla morte di Tina Lagostena Bassi. Infine, per oggi, vorrei dire a Sergio che, secondo me, all’inizio dei nostri studi di astrologia, siamo stati TUTTI badanti-astrologi, probabilmente perché su di noi gravavano piccoli complessi di riconoscimento della nostra bravura da parte degli altri. Con il tempo non si diventa cinici o presuntuosi, ma solo consapevoli che il nostro ruolo non è quello di fare da spalla, ma di essere – credo – soprattutto dei bravi tecnici che, senza lacrime, suggeriscano soluzioni vincenti.
Buona giornata a Tutti.
Ciro Discepolo
www.solarreturn.com
www.cirodiscepolo.it