Nirvana (di Gabriele Salvatores)
di Ciro Discepolo
Si parla di realtà virtuale nell'ultimo film di Gabriele Salvatores, Nirvana. Solo (Diego Abatantuono) è il personaggio di un game che viene continuamente ammazzato e tenta di ribellarsi, avendo coscienza di sé (intorno all'originalità di questa condizione gira tutto il film). Chiede al suo progettista, Jimmy (Christopher Lambert), di cancellarlo, per smettere di morire e si rivolge continuamente ai suoi killer cercando di far capire loro che sono solo delle realtà virtuali e non delle persone. Il rimando ai Sei personaggi in cerca di autore di Pirandello è più che esplicito: persone o personaggi? Il film si sviluppa sul desk top di una Milano del futuro, alla vigilia di Natale. La metropoli pullula di una folla multietnica e multirazziale che sembra agitarsi più che spostarsi, senza una meta precisa. L'atmosfera è greve, vi sono posti di blocco dappertutto ed i tassisti si rifiutano di portarti ai quartieri periferici. Durante tutta la durata della pellicola non si vede mai il sole: sempre smog, fumo, nebbia, neve che cade ininterrottamente. Il pensiero corre al parallelo con pellicole già viste: Blade Runner, Il tagliaerbe, Strange days. Non si comprende bene il limite tra il sogno e la realtà ed i protagonisti della fiction entrano ed escono anche dagl'incubi degli altri. Il tutto dà l'impressione di una enorme casbah cibernetica, dentro e fuori del cervello dei personaggi della storia. Questi, quando muoiono, diventano software biologico. Jimmy decide di salvare Solo e, nello stesso tempo, di realizzare un colpo miliardario nella Rete (Internet). Si reca così nella periferia ed incontra Joystick (Sergio Rubini) che, nelle vesti di un moderno Virgilio, lo accompagna nel viaggio attraverso i gironi infernali dei quartieri di Marrakech e di Bombay City. Dovunque appaiono scenografie fatiscenti dominate da enormi monitor che testimoniano la presenza di un Grande Fratello di orwelliana memoria. Il byte è l'unità di misura universale, il chip al posto della coscienza. I due si dirigono nei labirintici corridoi di luoghi improbabili quanto agghiaccianti, alla ricerca di Lisa, l'unico personaggio del film che sembra conservare una parvenza di natura umana. Joystick è un superesperto di computer che equivale, nella società del futuro, ad un nostro idraulico contemporaneo: veste male, non ha una lira, è pieno di debiti al punto che si è dovuto vendere le cornee e le ha sostituite con due microtelecamere in bianco e nero: "Ci vorrebbero le Sony a colori, ma quelle costano caro", esclama nel suo dialetto pugliese. In questo film tutte le comunicazioni avvengono tramite un media elettronico, mai direttamente. Si va in giro con un minifloppy in mano ed il computer governa tutto. Torna alla mente quanto scritto da Erich Fromm in Psicoanalisi della società contemporanea: il turista non riesce a godersi un panorama e ha bisogno di visualizzarlo attraverso l'occhio di una fotocamera. Qui tutto è virtuale, anche l'amplesso con la prostituta che non si vuole convincere, stuzzicata da Solo, di essere anche lei in un game. Alla fine Jimmy, in una scena che ricorda la conclusione di 2001 Odissea nello spazio, ritrova suo padre vecchio in una stanza disegnata a scacchi e, come da bambino, va alla lavagna e cancella il suo gioco, Nirvana. In un rapidissimo flash back Jimmy rivede tutto il suo passato e scompare a sua volta. È legittimo il dubbio, a questo punto, se Jimmy sia una persona reale o anche lui un personaggio della storia di un altro programmatore e, come in un gioco di scatole cinesi ad incastro, anche noi ci siamo chiesti se siamo reali o solo marionette di un grande burattinaio. E tu, lettore, ti sei chiesto se sei reale o anche tu una fiction?
Ciro Discepolo
Tratto dalla rivista Ricerca '90