Per una rifondazione dell'Astrologia
di Francesco Maggiore
Questo articolo di Francesco Maggiore, studioso di astrologia nato a Palermo nel 1955, risale al 1992. Nato come contributo al testo "Osservazioni politematiche sulle ricerche Discepolo/Miele", è divenuto un po' il manifesto della "rifondazione" dell'Astrologia auspicata, oltre che dal Maggiore, da Ciro Discepolo e da altri studiosi italiani. In tal senso è stato ripubblicato, nel 1993, in "Per una rifondazione dell'Astrologia o per il suo rifiuto" (Ed. Ricerca 90).
Sono molto grato a Ciro Discepolo d'avermi invitato a dare un contributo a questo lavoro sugli entusiasmanti risultati delle ricerche statistiche svolte dal "Gruppo di lavoro di Napoli".
Personalmente non mi occupo di ricerca statistica, ma sono profondamente convinto dell'importanza di trovare conferme ai nostri studi anche con questo metodo. Non perché esso sia in alcun modo migliore o più vero degli altri: lo stesso Discepolo nella relazione presentata ad un Convegno di Studi del CIDA - Palermo, 1982 - puntualizzava che: «alcune cose possono e devono essere testate statisticamente per un controllo rigoroso-scientifico, mentre molte altre affermazioni astrologiche, per il loro altissimo contenuto simbolico, non possono essere decodificate e tradotte in termini di classificazione binaria».
É, tuttavia, essenziale che noi sfruttiamo tutte le conferme che riusciamo ad avere per dimostrare che esiste chi fa ricerca seria in Astrologia.
Perché qualcuno che fa ricerca astrologica c'è.
E non mi riferisco solo al compianto Gauquelin, che tra l'altro non era un astrologo, ma ad esempio a Barbault, la cui vastissima bibliografia è frutto di un'intera vita dedicata alle ricerche, soprattutto nel campo dell'Astrologia mondiale (solo dopo aver studiato ICPL ed effemeridi del XIV secolo per una mia ricerca sulla peste pubblicata col titolo di "Note di epidemiologia astrologica" sul n° 8 di Ricerca ’90, mi sono reso conto di quanto tempo e quanta fatica sia costata al grande maestro francese l'analisi da lui svolta, praticamente con gli stessi strumenti, dell'intera storia dell'umanità).
Per non dire del fatto che perfino in questa nostra Italia "di dolore ostello" (per tacere del resto) di ricerca se ne fa, eccome: mi auguro che il successo che sta finalmente cominciando ad arridere alle interessantissime ricerche statistiche svolte negli ultimi anni da Ciro Discepolo e da suoi collaboratori dia ai tanti che operano nell'ombra il coraggio di tirare fuori il frutto delle loro fatiche.
Sovente capita di leggere lamentazioni e geremiadi, da parte di chi si occupa seriamente di Astrologia, riguardo il fatto che questa disciplina non figura tra quelle riconosciute dal gotha degli scienziati. Il mancato riconoscimento all'Astrologia della dignità di scienza sembra turbare irreparabilmente i sonni di parecchi; magari gli stessi che, per rimediare alla situazione, fanno goffi tentativi di risolvere il problema con iniziative fantasiose, con rimedi che si rivelano spesso peggiori del male.
Mi sono occupato di quest'ultimo aspetto in un articolo intitolato Astrologi veri e astrologi fasulli, pubblicato sul n° 6 di Ricerca ’90, e non intendo tornare sull'argomento. Anche perché il problema non è tanto questo, quanto quello che questo tipo di rivendicazioni risultano metodologicamente fuorvianti.
Vediamo perché.
Suole definirsi scienza il "complesso dei risultati dell'attività speculativa umana volta alla conoscenza di cause, leggi, effetti e intorno a un determinato ordine di fenomeni, e basata sul metodo, lo studio e l'esperienza" (Zingarelli, Dogliotti, Rosiello - Il nuovo Zingarelli - Zanichelli, 1983).
Nell'ambito delle scienze si opera solitamente una distinzione tra scienze esatte (logica e matematica), scienze naturali (fisica, chimica, biologia etc...) e scienze umane. In quest'ultima categoria rientrerebbero, in prima approssimazione, tutte le discipline che studiano i differenti aspetti dell'uomo e della società: antropologia, sociologia, economia politica, psicoanalisi, linguistica, semiotica etc...
Storicamente, queste ultime hanno avuto il merito di relegare definitivamente in soffitta la classica visione positivistica secondo la quale i saperi positivi (cioè le varie scienze) si sarebbero man mano distaccate "dalla filosofia, per costituire campi autonomi di conoscenza, secondo un rapporto tra imprecisione e precisione, tra disordine e ordine, tra arbitrario e controllato, tra pre-razionale e razionale" (Papi, Introduzione alle scienze umane, Zanichelli, 1979): nel 1935 lo psicologo Kurt Koffka scriveva nel suo Principi di psicologia della forma:
«Se il positivismo può essere considerato una filosofia integrativa, la sua integrazione poggia sul dogma che tutti gli eventi sono egualmente inintelligibili, irrazionali, senza significato, puramente fattuali. Una simile integrazione coincide, però, secondo il mio modo di vedere, con una completa disintegrazione».
L'illusione di poter applicare i metodi delle altre scienze alle discipline che hanno nell'uomo stesso l'oggetto delle loro ricerche, ha poi subito un colpo definitivo nei primi decenni del nostro secolo, man mano che sono stati accettati dal contesto accademico i risultati delle ricerche di Freud e dei suoi discepoli sull'inconscio.
Oggi il processo di revisione del metodo scientifico si è spinto ancora oltre: questo è il tempo in cui la parte migliore dell'intellighenzia internazionale comincia a interrogarsi sulla validità, o quantomeno sui limiti, del metodo scientifico (cfr. Capra - Il Tao della fisica - Adelphi, 1982).
Come si può, in un contesto del genere, crucciarsi del fatto che una ristretta minoranza, ancorata a posizioni che la maggior parte dei loro stessi colleghi giudica superate, si ostina a rifiutare qualsiasi credito all'Astrologia? Si può lasciare mettere in crisi da questi banali esempi di senescenza solo chi condivide i medesimi problemi.
Intervenendo nel contrasto tra detrattori e sostenitori del paranormale, P. A. Rossi scriveva sul n° 37 della rivista Abstracta:
«Sia i difensori che i detrattori del paranormale praticano una epistemologia scientifica: sia gli uni che gli altri affermano che i fenomeni in questione debbono essere rilevabili con strumenti scientifici, dichiarano che la fisica li confuta o li conferma, si affannano a far vedere che la parapsicologia è una scienza empirica oppure non lo è assolutamente ecc... senza rendersi conto dell'intrinseca scorrettezza epistemologica di questo modo di procedere. Per noi che cerchiamo di studiare il mondo umano nella complessità del suo divenire, gli errori e la verità fanno parte di una proteiforme iridescenza che va oltre e trascende gli antitetici universi del bianco e del nero: "La libertà - diceva appunto W. T. Adorno - non sta nello scegliere tra il bianco e il nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta"».
Non posso negare di essere rimasto parecchio deluso dall'assoluta mancanza di reazioni critiche al succitato articolo Astrologi veri e astrologi fasulli.
In quel pezzo, in sostanza, prendevo le difese di due studiosi americani, Kurtz e Fraknoy, che dell'Astrologia avevano scritto: «In tempi in cui dobbiamo misurarci con problemi enormi, abbiamo bisogno di mettere in campo il meglio dell'intelligenza critica dei cittadini e non incoraggiare la gente a cercare una sorta di fuga in mitologie superstiziose che si originarono nel nostro lontanissimo passato quando ancora ci stringevamo attorno al fuoco del bivacco, terrorizzati dal buio della notte».
Non condividendo, ovviamente, le loro affermazioni, il mio intento, nello scrivere quell'articolo, era stato quello di affermare che i veri nemici dell'Astrologia non sono i Kurtz, i Fraknoy o gli Angela (mi perdonino gli illustri ricercatori americani per l'accostamento), ma i pranoterapeuti fasulli, gli astrologi venditori di fumo, i cartomanti da strapazzo resi celebri dalle TV private e mensilmente pubblicizzati sulle pagine di certe riviste del settore.
Dal momento che nessuno ha reagito a quella provocazione, è forse opportuno che io approfitti di questo spazio per rincarare la dose, riproponendo stavolta uno scritto di Ugo Volli.
Non me ne voglia l'amico Ciro Discepolo, che nel prezioso "Astrologia sì, astrologia no", scritto nell'82 insieme al Dott. Passariello, definiva Volli «critico teatrale e antiastrologo durante i weekend»: sia chiaro che condivido appieno l'accusa di faziosità che rivolge a Volli. Anche di quest'ultimo, tuttavia, mi trovo costretto a dire che, tutto sommato, mi sembra di gran lunga meno nocivo di tanti presunti astrologi.
Ma andiamoci per ordine: nell'ormai lontano 1979, quando Umberto Eco dirigeva una collana di brevi saggi dell'editoriale L'Espresso, il Nostro ritenne opportuno dimostrare le abilità acquisite nel campo della semiotica facendosi pubblicare in quella collana un lavoro dal titolo La retorica delle stelle e dal sottotitolo, ancora più ambizioso, di semiotica dell'astrologia.
Sul valore complessivo del lavoro non mi sembra affatto il caso di soffermarmi: erano altri tempi, ed era ancora sufficiente inventarsi un sottotitolo di quel genere per farsi pubblicare, almeno in Italia, anche i sacchetti della spazzatura.
Di quel libello, in compenso, mi sembra interessante l'introduzione, ed è su quella che vorrei soffermarmi un po'.
In essa Volli evidenzia, anzitutto, quelli che definisce i tre fondamentali paradossi dell'Astrologia: che essa esista ancora, anzitutto; poi «il modo, l'estensione, la varietà della sua presenza nel nostro contesto sociale», e infine il fatto che questo fenomeno non sia stato sufficientemente oggetto di studio da parte delle scienze serie (tipo l'antropologia: l'autore cita in nota E. De Martino, A. Di Nola e A. Lucarelli tra gli autori colpevoli di non essersene occupati, e salva solo... Piero Angela).
Riguardo all'ultimo punto, tuttavia, è estremamente interessante il suo giudizio sulla pubblicistica di parte astrologica, della quale l'autore dice senza peli sulla lingua che «è di una povertà culturale impressionante, oscilla fra l'apologia più o meno psicoanalitica, scientifica, misteriosofica, e la propaganda pura e semplice, orecchia senza senso critico i discorsi scientifici e filosofici che pretende di discutere, e si basa in sostanza su un inconfessato principio di autorità». I libri di astrologia di parte astrologica, sono giudicati sostanzialmente come «esempi di pratica astrologica, con qualche sovrastruttura ideologica, non studi sull'argomento».
Nel complesso, si salverebbero soltanto le ricerche sulla storia dell'astrologia fatte da L. Arigemma ("Il segno zodiacale dello scorpione", Einaudi, 1976) e da F. Boll, C. Bezold e W. Gundel ("Storia dell'Astrologia", Laterza, 1977. Da notare che all'epoca non era stato ancora scritto l'ottimo lavoro di J. Tester: "Storia dell'Astrologia occidentale", Boydell & Brewer, 1987).
Come non condividere questa analisi?
I manuali di Astrologia sono veramente brutti, e di spessore culturale miserevole, come se i loro autori avessero davvero scelto a priori di rivolgersi a massaie insoddisfatte bisognose di conforto riguardo la possibilità di trovare il vero amore.
In più, gli stessi autori continuano a dare fantozziane dimostrazioni di insipienza vantando come meriti non delle proprie ricerche, ma solo e unicamente la pappagallesca ripetizione degli aforismi della Tradizione.
I manuali decenti (ma non ne conosco che uno, che è poi quello di Ciro Discepolo) mettono in guardia contro le previsioni segnosolari, ma nessuno, di fatto, si oppone al proliferare di insulsi giornalini che proprio sulle previsioni segnosolari basano il loro mercato.
Riguardo alla storia dell'Astrologia, poi, fin quando dovremo sopportare citazioni fasulle sulla sapienza dei Padri Caldei? Quando ci decideremo ad ammettere qual'è il vero passato dell'Astrologia così come la pratichiamo oggi?
L'Astrologia della quale si occupano i manuali più diffusi (salvo rare eccezioni), è quella nata solo verso la fine del secolo scorso grazie all'opera divulgativa di Raphael (al secolo W. C. Wright) e di Alan Leo (1860-1917), e cresciuta con Paul Choisnard (1874-1928) e i suoi tentativi di applicare ad essa il metodo statistico.
Prima di allora, almeno a partire dall'editto di Colbert (1666), che l'aveva messa al bando dalle Università francesi, l'Astrologia, vittima del trionfo della Ragione, era stata a lungo appannaggio di ristrette cerchie di teosofi, massoni ed esoterici di varia estrazione. Situazione destinata a perdurare, almeno nel nostro paese, fino a tutto il 1970, stando al sintetico ma preziosissimo quadro de "L'astrologia in Italia nel XX secolo" tracciato da Federico Capone sul numero zero di Ricerca ’90.
Ora, come si sa, non avviene tanto spesso che gli esoterici (nei confronti dei cui studi ho, peraltro, il massimo rispetto) riescano a rinunciare alla pessima abitudine di barare sulla profondità delle proprie radici, come se questo potesse consentir loro di recuperare almeno parte del credito cui aspirano (tranne ottenere, invece, proprio l'effetto contrario).
Niente di strano allora se, proprio qui da noi in Italia più ancora che altrove, capita spesso di sentir affermare, con l'aria con cui si riporta un dogma di fede, che lo studio degli astri risale almeno ad Adamo ed Eva, che nel Paleolitico i nostri antenati registravano sulle pareti delle caverne analisi spettroscopiche delle stelle più lontane, che sulla cima del colle che dominava Atlantide era installato un radiotelescopio di gran lunga più potente di quello di Arecibo.
Su quale fosse in realtà l'Astrologia caldea, e su quanto fosse distante da quella che pratichiamo oggi, mi riservo di intervenire prossimamente. Nel frattempo, non posso certo dare torto al Volli quando afferma che i libri seri di storia dell'Astrologia «tendono a fermarsi al Rinascimento, quando si conclude la vicenda creativa dell'Astrologia, senza sporcarsi le mani con le sue volgarizzazioni attuali».
Nel prosieguo del volume, Volli cerca di dimostrare la sua tesi, secondo la quale rientrerebbe nel patto implicito tra astrologo e consultante che il discorso astrologico non sia verificabile, in quanto la funzione dell'Astrologia sarebbe quella di persuadere e non quella di informare; pur ammettendo che «ancora oggi molti modelli teorici della psicologia (dalle classificazioni in tipi psicologici al modello energetico della mente come teatro di forze) derivano dall'Astrologia», la sentenza finale (assolutamente scontata) è durissima: riconosciuto all'Astrologia un posto non indifferente nella nostra cultura, l'autore si affretta a puntualizzare che «ormai da tempo queste funzioni si sono degradate, e non resta più che un fantasma, o lo sfruttamento più banale. Se l'astrologia può essere stata talvolta scientifica o cognitiva tanto sul piano astronomico, quanto su quello psicologico; se ha avuto un suo posto nella vita culturale dell'antichità e del Rinascimento, questo ruolo è perduto da tempo e non è più ricuperabile». Quanto alle presunte conferme statistiche, Volli le liquida in una nota nella quale, come giustamente fa notare Discepolo nel suo libro, ricorre a una palese alterazione di alcune righe estrapolate da uno scritto di Gauquelin pur di dimostrarne l'inattendibilità.
In conclusione, fin quando non entra nel merito della sintassi dell'Astrologia, fin quando non comincia anche lui a riportare come un pappagallo le solite cretinaggini (gli astrologi non tengono conto della precessione degli equinozi, etc...), Volli ha ragione.
Se per il grosso del suo lavoro non si può non dare ragione a Discepolo, che giustamente afferma che, più che di faziosità, dobbiamo trarre nei suoi confronti un giudizio di superficialità e di balordaggine, riguardo agli strali lanciati nell'introduzione non possiamo, se vogliamo essere onesti, che accusare il colpo.
Per replicare a lui e a tutti gli altri detrattori dell'Astrologia non basta metterne in evidenza la malafede. Occorre piuttosto che:
L'Astrologia va, in sostanza, rifondata in toto, raggiungendo anzitutto un accordo riguardo all'oggetto e ai metodi di studio proprio tra coloro che se ne occupano, anche se ciò dovesse significare disconoscere del tutto o in parte la Tradizione.
Trovo, nel panorama astrologico contemporaneo, qualche segno di una palingenesi in fieri: basti citare, per tutti, l'opera di Stephen Arroyo, il cui "L'Astrologia e i quattro elementi" (ed. or. 1975, trad. ital. edita nel 1988 dalla Astrolabio-Ubaldini di Roma) contiene moltissimi stimoli ad una sostanziale rimeditazione della materia.
Nello scorso dicembre, poi, ho scoperto con stupore che RIZA psicosomatica, rivista ufficiale della medicina globale, redatta dall'omonimo Istituto, aveva dedicato un intero numero all'Astrologia. A scrivere sulle colonne della rivista, sia chiaro, sono dei veri medici, e non dei pranoterapeuti da quattro soldi. Ebbene: una volta tanto non si parlava affatto dell'Astrologia in termini critici, ma ci si interrogava in maniera seria su quale rapporto esista tra corpo, psiche ed oroscopo!
A parte l'editoriale, nel quale il direttore Raffaele Morelli traccia un interessantissimo parallelo tra Astrologia e psicoterapia, vorrei in particolare segnalare una nota di Alfonso Rogora, che della rivista è uno dei due direttori scientifici. La riporto per intero a beneficio di chi incontrasse difficoltà a procurarsi quel numero della rivista:
"Di solito si pensa all'astrologia come a una scienza in grado di illuminare angoli oscuri dell'uomo e delle cose e di gettare uno sguardo sul futuro. Viceversa i detrattori e i positivisti non ci vedono che scienza del fumo o, peggio, scienza della credulità. A noi pare che l'astrologia non sia altro che un metodo congetturale di cui si è servito l'uomo. Un metodo basato semplicemente da un lato sull'osservazione empirica del ripetersi di coincidenze tra posizione degli astri e avvenimenti di uomini e cose, dall'altro su un presupposto scientifico, e cioè che cosmo e suoi abitanti (uomo compreso) sono in mutua relazione non solo fisica, ma anche animica. In altri termini anche l'universo è un essere vivo, fatto di materia animata e intenzionale. Per ciò, non vi è nulla di straordinario, né di occulto nell'influenza che i corpi celesti esercitano sulle cose terrestri: semmai vi è solo, al momento, l'incapacità dell'uomo di verificare in maniera più sottile le influenze e le reciproche relazioni. Tanto meno è da stupirsi in quest'ottica dell'azione e dei rapporti che possono intercorrere tra corpi celesti e corpo dell'uomo: entrambi fanno parte di un sistema vivo e interdipendente entrambi si influenzano. Se da un lato siamo perfettamente contrari all'astrologia sempliciotta e superficiale che ci viene quotidianamente propinata come una scienza, e come una scienza in particolare dell'occulto, dall'altro non vediamo perché (perlomeno in via dubitativa) non si possa credere che è ancora solo una ricerca carente e un'ottica riduttiva quella che ci impedisce di cogliere tali relazioni. Le forze fisiche che reggono l'universo e di cui oggi si misurano tempi, modi e quantità, possono essere lette, in altra chiave epistemologica, come un sistema di influenze viventi e operanti. Ancora non abbiamo individuato i vettori specifici di tali influenze, ma è solo questione di tempi e di mezzi. Del resto come non pensare a come si concepiva l'uomo in medicina solo trenta-cinquanta anni fa; come non pensare alle reciproche influenze tra fattori psichici ed eventi corporei chiariti nel corso degli anni dalle scoperte sui neurotrasmettitori, i neuropeptidi, i fattori immunitari. Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile immaginare che identiche molecole legano cervello e visceri, cervello e intestino e fegato e altri apparati con possibilità di reciproche influenze. Solo qualche medicina obsoleta, come quella cinese, localizzava uno stesso piano energetico in un apparato corporeo e in un livello mentale: così era tremendo per noi occidentali pensare che una funzione psichica, il cuore e l'intestino tenue avevano qualcosa in comune. Ed era quasi impossibile esprimere questi concetti senza sollevare reazioni ironiche. La neurochimica sta smentendo e scolorendo coloro che nutrivano un modo monocolo di vedere le cose: essi sono costretti a recuperare un antico modo di osservare i fenomeni, e a solo loro merito quindi va ascritta la possibilità di quantificare i medesimi. Probabilmente lo stesso potrà avvenire per i rapporti tra gli astri e il corpo umano, anche se questo pare inverosimile. Ed è ciò che la medicina cinese ha sempre sostenuto: potremmo essere smentiti di nuovo".
Senza che, ovviamente, l'autore potesse esserne al corrente, quanto scrive è per me un invito a nozze: l'apporto che personalmente spero di riuscire a dare alla rifondazione dell'Astrologia consiste precisamente in un arricchimento della lettura in chiave energetica che già ne ha avviato Arroyo (cfr. l'opera citata) alla luce dell'inquadramento che dell'uomo, e delle energie di cui è compartecipe, fa la Medicina Tradizionale Cinese. Un compito arduo, che posso sperare di condurre a termine solo grazie all'opportunità da me avuta di essere vicino, negli ultimi anni del suo transito terrestre, ad uno dei più grandi capiscuola di Agopuntura ed Omeopatia: il Prof. Vincenzo Bongiorno, maestro e amico insostituibile scomparso nello scorso mese di dicembre.