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Come l’arrivo improvviso del vento d’inverno
di Massimo Palladino
 


La scomparsa di Lisa Morpurgo è stata come l'arrivo improvviso del vento d'inverno sulle nostre teste. La morte, seppure annunciata da mesi di sofferenza, non è mai possibile poterla accettare, specialmente se si tratta di una grande astrologa come Lisa Morpurgo. Quel vento violento e solenne ha soffiato, portandoci al nostro dolore di uomini che avevano ed hanno quel sentimento comune nell'arte di Urania che altro non è che il conoscere e che Lisa Morpurgo tanto ha insegnato agli altri. A me non spetta considerare positivamente o negativamente la sua opera: io ho avuto solo l'opportunità di conoscerla e di apprezzarla per il suo incessante lavoro che non era solamente fatto di leggi astrologiche ma che era, al tempo stesso, intimamente intriso di cultura. Già, Lisa Morpurgo era un'intellettuale nel vero senso della parola, non era uno di quei "cagnolini ammaestrati da salotto esclusivo" che, tanto spesso, ancora oggi, si sentono berciare da qualche televisione. No, Lisa era ciò che essa stessa si augurava fossero gli altri astrologi: delle persone di cultura.

Ricordo, in uno dei nostri colloqui telefonici avuti in passato, quanto la sua voce ed il suo pensiero andassero diretti contro chi si ammantava con l'astrologia, dimenticando che chi se ne occupa ha a che vedere, comunque, con esperienze personali, con tradizioni popolari, con il progredire stesso dell'uomo che, suo malgrado o meno, vive su questa Terra. Mi diceva, con la gentilezza della maestra all'allievo, che, per esempio, dopo il 1943, non c'erano più state persone particolarmente intelligenti.

Certo, non ero d'accordo e glielo dicevo ma, mai, lei fu scortese o ironica: con me non lo fu mai. Ricordo come, durante una riunione d'astrologi, lei ebbe atteggiamenti quasi di disprezzo verso chi cercava di controbattere delle sue tesi: in realtà, il suo era un atteggiamento autodifensivo non confessato. Non sopportava la "presunzione degli ignoranti". ?Queste furono le esatte parole dette da lei in quell'occasione. Ma ci fu anche, e questa è la storia funesta quotidiana, chi volle approfittare di lei, del suo sapere, della sua cultura, della sua immagine, facendola apparire come relatrice ad un congresso al quale, ben lo si sapeva, mai sarebbe andata, malata com'era. Miserie, solo miserie, nient'altro.

Io mi sono formato, da astrologo, anche sui suoi testi e, particolarmente, voglio qui porre l'accento su "Il convitato di pietra", testo riscritto più di una volta, definitivamente pubblicato nel 1992. Non è un testo facile, non è neanche "il libro da cucina" dell'astrologia con le risposte pronte e sicure per chiunque ne voglia: è un volume su cui, per lo meno, meditare poiché l'attenzione è chiaramente spostata sul rapporto tra essere umano e sistema solare, vedendo, tra l'altro, quanto i movimenti planetari siano simili, per non dire uguali, nelle loro traiettorie, al DNA umano. Ricordo che, nel 1995, questa sua grande intuizione, divenne oggetto di una mia conferenza-lezione all'Università Statale di Milano, nella facoltà di medicina. Io, che non ero quasi nessuno in astrologia, che non mi potevo, sicuramente, paragonare né confrontare con l'opera né di Lisa Morpurgo né di altri grandi astrologi, parlai del sistema solare e del DNA. Non lo avrei, probabilmente, potuto fare se non ci fosse stata la sua opera. Eppure, io non posso dire di appartenere in toto al suo pensiero e ne sono felice: lei stessa non lo avrebbe gradito, amante com'era della totale indipendenza di giudizio, quella stessa che le fece affermare, davanti all'amico Ciro Discepolo che era andato a trovarla, durante la sua malattia, che, per ciò che riguardava il terremoto di Umbria e Marche, lei era dispiaciuta più per le opere danneggiate che per le vittime. Non paia questo un atteggiamento snobistico, è, invece, la tipica reazione di chi, avendo dedicato tutta la sua vita alla cultura, compresa l'astrologia, aveva visto crollare polverizzati dipinti di Giotto e Cimabue e questo era divenuta una ferita aperta in più per tutta l'umanità.

È inutile, a questo punto, dare, insisto, giudizi di merito. La poetessa americana Emily Dickinson scrisse:

"La morte, anche se vasta,
 è soltanto la morte e non può crescere.
 All'incertezza invece non v'è limite..."

Già, l'incertezza è il sentire confuso di chi non sa che scelta fare, di chi non conosce nessuno dei due sentieri dei quali uno solo si percorrerà, di chi, quindi, ignora. Anche su quei dipinti è passata l'ala della morte, così come su molti altri manufatti artistici e casalinghi. La stessa ala che ha coperto Lisa Morpurgo. Cosa resterà di lei? Non la sua voce resa roca dal fumo di sigaretta, non le sue reazioni improvvise, non le sue preoccupazioni per un'umanità "sorda e infelice". Di lei resta l'opera che la rende, sin d'ora, immortale. Certo, immortale poiché, comunque, se ne ha e se ne avrà ricordo, poiché lei non si è fermata davanti alla fine della sua vita, come davanti ad una porta invalicabile. Questo, allora, è solo un episodio di cronaca, null'altro. Andando oltre, Lisa Morpurgo appare come se fosse presa da un moto perpetuo che l'ha portata nel cosiddetto al di là che nessuno, a questo mondo, è in grado di definire chiaramente in modo ulteriore se non in maniera medianica. Penso, in questo momento, alla grande medium inglese Rosemary Altea, un personaggio vivente su cui, ne sono convinto, se ne parlerà in astrologia.

Dice in "Spirito libero", ed. Sperling & Kupfer,:

"Ti dirò soltanto che ogni spirito è splendido e che quando lo spirito incontra lo spirito riconoscerà quella bellezza".

In altre parole, le mie, qui si accenna alla bellezza dell'intelligenza e Lisa Morpurgo è stata una persona dotata di quel dono celeste e non lo ha mai sprecato inutilmente ma ha creato opere utili all'uomo poiché l'astrologia lo è, senza alcun dubbio. Questa è, allora la sua bellezza, questa è la bellezza spirituale degli esseri umani. Non penso sia giusto, adesso, fare la solita sequela di citazioni d'obbligo dalle sue opere perché sarebbe come volere far finta, per noi astrologi, di non averla mai letta. C'è magari chi veramente si trova in tale condizione e ne parla con sufficienza, facendo credere di sapere tutto. Non di questi pseudo-giudici abbiamo necessità: già se ne può sentire la puzza. Lisa Morpurgo ci ha abbandonati su questa Terra, in questa "valle di lacrime" e noi, oggi, possiamo solo immaginare che voli, sempre più in alto, oltre quel cielo che, in vita, fu l'oggetto costante del suo desiderio di sapere e di far conoscere.

Oggi, consentitemelo, la immagino tra gli angeli e sarà, certamente, così. Se potesse ancora parlarci, magari per l'ultima, fatidica, solenne volta, che ci direbbe? Nuovamente, Emily Dickinson viene in nostro aiuto:

 

"Non potevo fermarmi per la Morte.
 Essa, benigna, si fermò per me.
 Il cocchio conteneva noi due sole
 E l'Immortalità".

 

Massimo Palladino

Pubblicato sul numero 35 (luglio 1998) di Ricerca '90

 


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