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Loredana Berté
di Ciro Discepolo


Loredana Berté è nata a Bagnara Calabra il 20 settembre del 1950, alle ore 3.25 del mattino. È, pertanto, una Vergine con Sole, Saturno, Mercurio e Venere nel segno. L’Ascendente è praticamente Vergine, cadendo alla fine del Leone. Ci troviamo, per questo, di fronte a un soggetto «molto Vergine», «troppo Vergine». E una regola che si impara quasi subito in astrologia è che il troppo di una valenza nasconde l’opposto della stessa.
Non dimentichiamo, infatti, che le strutture mentali che presiedono al governo delle dodici simbologie di base dello Zodiaco sono tali da presupporre la compensazione nei casi di ipercostellazione di un simbolo. Facciamo il caso del Cancro, per esempio: egli è tenero, sensibile, affettuoso, morbido, ma - se si accorge di esserlo troppo - può diventare anche, all’opposto, duro, cinico, coriaceo. Per compensazione, appunto. Si tratta, in definitiva, di una forma di difesa, di un modo per fronteggiare meglio la conflittualità quotidiana.
Ciò è anche per la Vergine. Solitamente è assai costumata, ordinata, riflessiva, domestica, verginale, piena di pudori. Ma se lo è troppo (in potenza), nasce in lei una forza di reazione che la spinge a comportarsi nel modo opposto, per sfuggire a quelle che lei crede essere delle sue debolezze.
Viene così alla luce la Vergine compensata che sta alla Vergine dell’iconografia classica come Pannella sta ad Andreotti. E il ritratto astrologico di Loredana Berté altro non è che quello di una Vergine «molto compensata». Ciò anche in considerazione di un altro doppio parametro: la dominante Plutone all’Ascendente e la dominante Marte-Scorpione al Fondo del Cielo.
Entrambe le dominanti sono di coloritura «anale rilassata», in contrapposizione alla valenza verginea «anale ritenuta». L’una stimola l’altra e viceversa, per cui, alla fine, risulta assai enfatizzato l’asse Scorpione-Vergine che, quando poggia sul semipolo Scorpione produce soggetti impertinenti, ribelli, contromoda, sboccati e un po’ troppo facili in amore.
L’amore è il capitolo primo dell’inversione Vergine-Scorpione, proprio nella misura in cui vi è da ribaltare il significato di castità, di pudore. Per questo Loredana Berté ha collezionato, e rischia di continuare a collezionare, numerosi amori. Alcuni sono stati celebrati, come quello con Adriano Panatta, altri più velati dalla non eccezionale popolarità dei protagonisti maschili: Fabrizio (mobiliere brianzolo), Mario Lavezzi (musicista), Roberto Berger (l’economista svizzero che sposò molti anni fa), eccetera.
Con questo non intendiamo addossarle, in esclusiva, il peso di più fallimenti, ma - almeno - renderla compartecipe, in questo, al 50%.
Lei canta «Non sono una signora» e qualcuno osserva che dirlo è pleonastico. Del resto lei stessa non si definisce tale. Le sue canzoni le vengono cucite addosso, attraverso attenti studi psicologici, come abiti. Non è una signora perché non vuole esserlo, perché le piace camminare a piedi scalzi o spogliarsi in pubblico o dire la parolaccia al momento giusto in un’enfasi trasgressiva nei confronti del perbenismo borghese.
C’è sangue ribelle che scorre in lei, appunto il sangue di una nativa del segno della Vergine con gli «archetipi capovolti». Non sono forse ribelli le sue canzoni e il suo modo di cantare? In Ninna nanna: «...Poi l’amore si farà, finché ti va... non avere pane e burro tu potrai mangiare me, uoouooo...». E mentre modula, con voce che più sexy non potrebbe essere, frasi dal significato ambiguo come sempre «perniciose», come direbbe un buon soldato dell’esercito della salvezza, fa l’amore con il microfono. Nel suo rock c’è tutto il suo temperamento (Marte in Scorpione), la sua inquietudine (la dominante Plutone), il suo rivoluzionarismo anti-Vergine.
Le critiche non mancano, specie da parte femminile, ma gli uomini, naturalmente, sono di parere assai diverso e ne celebrano, secondo un’indagine statistica condotta da un periodico, la bravura e la carica di seduzione, mentre ravvisano in lei una mancanza di classe. Ma forse risiede proprio qui il principale motivo di successo, almeno tra i fattori umani, per la Berté. Non dobbiamo dimenticare che la nostra non viene gettonata dalle anziane zitelle e dalle maestrine d’altri tempi ancora legate a Giovanni Pascoli e a Giacomo Leopardi.
Senza dubbio alcuno, tra i suoi principali fan ci sono camionisti, ragazzi di borgata, giovani spregiudicate... Ma anche milioni di Fantozzi che sognano di scambiare la moglie ultra-bruttina e sessualmente neutra con la nostra appassionata e seducente Loredana, almeno per qualche minuto, il tempo di una canzone e di un viaggio, sulle ali del sogno, nei mari caldi del sud.
Ma Loredana, deludendo tutti, c’è andata sul serio nei mari tropicali, per sposare uno come tanti, Roberto Berger. È accaduto il 30 dicembre 1983, all’isola di Saint Thomas, nei Caraibi. La nostra collega Rita Bilucaglia glielo aveva previsto (Amica del 25 gennaio 1983). Veramente le aveva parlato del 1984, ma se qualcuno vuol sindacare sul 30 dicembre 1983... Rita Bilucaglia pensava al passaggio di Giove sulla Luna, giustamente, ma il matrimonio è venuto fuori, improvvisamente, quando Giove aveva soltanto fatto capolino sulla cuspide della quinta Casa, rinforzato, però, da un potente quadrato di Urano a Venere radix.
Urano è devastante, nei due sensi, e può far sposare chi, fino a pochi mesi prima, diceva che il matrimonio è una forma di suicidio. Tuttavia, da astrologi non le avremmo consigliato di sposarsi durante questo transito, in quanto ciò equivale un po’ a costruire castelli sulla sabbia.
Sinceramente non crediamo troppo nella vocazione matrimoniale della Berté, non perché neghiamo il suo sincero innamoramento per il giovane economista stabilitosi a New York, ma perché pensiamo che il suo spirito ribelle da una parte e i transiti dall’altra metteranno a dura prova il legame già dai prossimi mesi.
Parte della instabilità affettiva della brava cantante calabrese è dovuta, senza ombra di dubbio, alla Luna natale in quinta Casa: innamoramenti facili. E per di più la Luna è anche opposta a Urano. Loredana Berté, non lo nasconde a nessuno, non è una santa e, pur essendo della sua stessa terra, è l’anti-Mino Reitano per eccellenza, un cantante cioè che ha un’immagine da prima comunione col giglio bianco in mano. Lei e Renato Zero, suo carissimo amico, hanno colpito a morte il puritanesimo a oltranza della canzone italiana, gloriato per decenni da Nilla Pizzi, Claudio Villa, Orietta Berti... Nelle sue canzoni c’è tanto sesso, ci sono lunghi sospiri, paure imbarazzanti, racconti dall’alta carica erotica e di amori solitari: un panorama che molti vorrebbero vietare ai minori.
E tutto viene reso ancora più effervescente dallo sguardo della cantante, nella sua bellezza tipica mediterranea, con quel nero che solamente una calabrese o una greca come Irene Papas, sanno esprimere. Lei guarda con intensità e senza sorridere, con tutta la carica del suo Plutone all’angolo orientale del tema. Quando una donna guarda intensamente e senza sorridere, delle due l’una: o risulta antipatica o suscita una grande attrazione. Qui ci troviamo chiaramente nel perimetro del secondo caso.
Le canzoni di Ivano Fossati e di Enrico Ruggeri hanno centrato questi punti e sono nati i successi che tutti conosciamo: Streaking (1974), Sei bellissima (1975), Meglio libera (1976), Tir (1977), E la luna bussò (1979), Dedicato (1980), Non sono una signora (premio Festivalbar 1982), longplaying Jazz con bellissimi brani quali Mare d’inverno, La donna della sera, Così ti scrivo.
Oggi è sicuramente ai vertici del Gotha della musica leggera italiana, al punto che il ministro dello Spettacolo dell’Unione Sovietica l’ha prescelta, tra tutti i suoi colleghi italiani, per una tournée a Mosca, tournée che c’è stata effettivamente negli scorsi mesi. All’aereoporto l’hanno accolta con il tappeto (ovviamente rosso) e con decine di giornalisti e fotografi. Lei naturalmente è rimasta soddisfattissima di questa esperienza per la quale ha interrotto perfino la luna di miele. Intanto è cresciuta un altro po’ dentro e non la vediamo più esibirsi in attillatissime magliette, in ridottissimi hot pants con stivaloni al ginocchio, in body di lustrini, in stile pirata punk con alamari e fusciacche o con mille altre diavolerie. Semmai, adesso come prima, può capitare di vederla per nulla vestita su qualche rivista per soli uomini, ma non c’è forse passata anche Sabina Ciuffini? Loredana Berté viaggia verso la pienezza della sua maturità artistica e quello che più conta è che ha smesso di essere «la sorella di Mia Martini».

Pubblicato diversi lustri fa, su ASTRA (se ricordo bene).

Ciro Discepolo

 

 

 

 

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